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Criticism

EMANUELE VISCUSO: Scultura scaligera

a cura di Tommaso Trini

Tommaso TriniE’ una proprietà delle conchiglie, meravigliosamente semplici, quella di annidare da sé organismi dalla complessità altrettanto meravigliosa, come pure di risuonare tra l’aria e le corde dell’animo, riunendole. Poiché sono un flusso, partecipano a un mare di cose. Così accade con le sculture aeree di Emanuele Viscuso. Benchè diano un’immagine semplice, esse inducono a un discorso complesso. A vederle, paiono onde, scale, origami di marmo: un chiaro colpo d’occhio. Certo, sono astratte, modulari, spiraliformi: ma non complicate. Quando però l’artista le definisce “musica solida”, già ne amplia la visione. Se poi le identifica con la quarta dimensione, allora il pensiero si fa più arduo. Altre idee, altre ipotesi irrompono, che danno da pensare, mentre le scrutiamo daccapo. Poi, i critici si domandano per quale legge una serie di moduli così lineari riesca a creare delle forme curve così misteriose. Beh, questo è intrigante. Quindi si scopre che si tratta di colonne finte, di costruzioni aperte all’aleatorio (e io aggiungere, all’indecidibile), sempre sul punto di trasformarsi. Niente è concluso, ”le composizioni di Viscuso restano in posizione di attesa”, come ha detto bene Restany. E come stadi di una modificazione in atto, vivono di relazioni esterne e coinvolgono la nostra creatività. (Condizioni contrarie comportano la stessa esperienza ma speculare. Osservate come gran parte delle opere d’arte dalle implicazioni complesse favoriscano invece discorsi semplificati. Prendete lo spessore di Van Gogh, fonte dell’espressionismo, divenuto oggi un santino delle avanguardie. Lo si è potuto ridurre a un marchio: è l’orologio pittorico del creato. Oppure, tutta la pittura informale, matematica, segnica, gestuale, può essere condensata nell’idea dell’Angst, come a suo tempo nei discorsi sull’angoscia esistenziale. Di pittura in poesia, si fa presto a dire che la Pop art è, dopotutto, la vita). Le sue costruzioni si avvitano su moduli in metallo legno marmo, semplici come note musicali, ma l’opera risuona subito come un’orchestra: qui sta la sfida di Emanuele Viscuso. Il suo lavoro è complesso perché vive di relazioni e concomitanze in una visione multimediale. Operante a Milano, ma con le radici in Sicilia e la formazione a Napoli, Viscuso ha cominciato ad assemblare dai primi anni Ottanta l’iterazione di un modulo a C (una graffa metallica) che in seguito ha assunto altre conformazioni (per esempio ad L). Ne ha tratto sculture aleatorie, quando non “figure indecidibili” dalla percezione ambigua, regolate da un interno principio di autonomia. Si fosse limitato a questo, Viscuso si sarebbe confinato nel linguaggio datato dal costruttivismo, dall’op art. invece, avendole modulate con l’orecchio oltre che con la vista, le ha elevate a scale armoniche, ed esercitando un forte senso topologico, ne ha fatto delle strutture tettoniche. Scultore come il padre e musicista come la madre, Viscuso ha trasferito la combinatoria costruttivista nell’interazione multimediale, oggi fertilissima di prospettive: qui sta la novità della sua opera. Lavorando alla confluenza di plasticità e musicalità, complice la scena architettonica, Viscuso ha inaugurato un’originale scultura scaligera. Compositore di brani melodici, architetto di grandi sculture all’aperto, (ne conta qualcuna anche negli Stati Uniti) Emanuele Viscuso è animato da un naturale afflato multimediale, col quale prosegue una delle maggiori imprese del modernismo (forse l’unica tuttora operante): il conseguimento di un’opera d’arte totale. Non solo affascina constatare come questi moduli spiralici possano ingenerare miriadi di forme, con possibilità di sviluppo. E’ stimolante sapere che configurano un sistema combinatorio, semplicissimo eppur complesso: una sorta di algebra aerea. Ma non è una prospettiva consolatoria, bisogna dirlo: non facilita la creatività. La quale ha bisogno di barriere reali per esercitarsi meglio. Non lo ha detto Duchamp, che l’atto creativo è sempre l’anello mancante di una sequenza mai del tutto prestabilita? Si, ce ne siamo fatti un nodo al fazzoletto. E’ l’anello imprevisto che procede oltre i confini già acquistati, che penzola nel vuoto, che tende (anche) al prossimo anello. Consolatorio sarebbe insistere nello sfruttare, fino ad esaurirle, tutte le possibilità implicite nel sistema (ora e qui); implicazioni che potranno semmai servire ad altri (domani e là) per sviluppi oggi impensabili. Invece, solo l’esplorazione di nuovi nessi tra opzioni molteplici, tra campi diversi, esce dai dualismi e muta l’identità di un’opera. Credo che questo sia il vero percorso intrapreso da Emanuele Viscuso (per non dire il destino). Lavorare a un globale assemblaggio dei suoi vari mezzi espressivi nell’ottica dell’opera d’arte totale. Approfondire certe sue personalissime interazioni (le chiamano sinergia) tra la scultura, la musica e la performance. E conquistarsi insomma uno spazio performativo (tra l’altro, l’artista è una persona che regge bene la scena) dove anche l’architettura leggera delle sue “scale” concorra allo spettacolo multimediale. Così che i più avanzati modelli plastici innovino anche le composizioni melodiche, il musicista sia all’altezza dello scultore, e i suoni vibrino all’unisono con gli oggetti.
(Tratto da “Altrimmagine”)